Nati per leggere.
Ricordo che inizialmente nutrivo un certo scetticismo Da "Anna Maria" Leggendo l'articolo "Leggere ad alta voce ai bambini fin dalla più tenera età" mi ha colpito il seguente passaggio: "Fino agli anni '80 si pensava che la comprensione del contenuto di una storia fosse misurabile con l'espressione verbale. Il bambino Down veniva giudicato troppo lento per comprendere e trarre vantaggio dalla lettura ad alta voce precoce." Ricordo che inizialmente nutrivo un certo scetticismo nell'indicare ad
Alessandro (nato nell'80) gli oggetti dei libri illustrati e a dirne ad
alta voce il nome, nel leggere le frasettine dei libriccini per i più
piccoli, ma lo facevo lo stesso. A me sembrava quasi una cosa inutile, non vedevo frutti, ma poi capii che lui i frutti li dava sempre quando meno me li aspettavo, magari tutti in una volta, per poi fermarsi a lungo al livello raggiunto, quasi stesse "caricandosi" come una batteria. Ma la cosa più straordinaria è stata quella di notare che quando un libriccino proprio gli piaceva (perché magari in asilo o a scuola le sue maestre ne avevano curato la drammatizzazione, con le relative canzoncine, sua grande passione) imparava tutto a memoria. Ma voleva lo stesso che glielo leggessi, senza cambiare una virgola. E lui interveniva nei punti che considerava più belli. E lui spesso "recitava" insieme a me, senza comprenderne il contenuto, così almeno mi sembrava. Secondo me questo lo ha aiutato molto nell'imparare a parlare, anche se la "parte da leone" in questo caso l'hanno fatta le cassette audio, che lui adorava (e adora tutt'ora). A 3-4 anni usava un mangiacassette con una naturalezza incredibile, mandava indietro le cassette come voleva lui, le faceva tornare al punto che voleva risentire e le risentiva spesso sempre dallo stesso punto in poi. Non gli sono mai piaciuti però i libri illustrati accompagnati
da cassette che ne recitavano il testo: ha sempre fatto una
netta distinzione tra canzoncine e testi. Ricordo anche che, sempre intorno ai 3-4 anni, dato che il suo vocabolario "attivo" era molto ampio, un professore mi disse che la cosa non era troppo normale. Normalmente il vocabolario passivo di un bambino è
notevolmente superiore a quello attivo. Ma evidentemente
per Alessandro non era così. Ancora oggi è così. A questo proposito mi viene in mente un episodio che ritengo bellissimo. Due anni fa tornando dalle vacanze (eravamo vicino Vieste,
sul Gargano), siamo passati da un paese che si chiama "Apricena". La sua passione per tutto ciò che è culinario si manifesta proprio ad ogni occasione! Anna Maria Spada Nota della redazione: torna alla homepage torna alla pagina introduttiva
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