Risposta a "La culla" di Carla Fermariello
di Alessandro Gwis, 20 Febbraio 2004 Cari siblings, leggendo questa (bellissima) mail, mi vengono in mente considerazioni
analoghe a quelle che mi sono venute leggendo la lettera di Paola. Come dicevo
rispondendo a Paola, io sono un fratello minore di persona con SD, per cui
molte cose non le ho vissute, non sono stato al capezzale di nessuna culla
ecc ecc....pero' mi ritrovo moltissimo con quanto scrivono Carla e Paola. Soprattutto
per quanto riguarda il fatto che il contatto con l'ambiente extrafamiliare
sia stata forse la principale fonte di sofferenze nel mio rapporto con la SD
di Livia. Io avevo capito da subito che Livia non era "normale",
mi ricordo addirittura che avevo il cruccio di doverlo dire a mia madre, senza
trovare mai il coraggio di farlo (sembra assurdo, ma questo a 3 anni!). Pero'
non c'era nulla di lacerante o particolarmente doloroso in questo. Lacerazioni
e dolori che invece sono giunti, puntuali, nel confronto col mondo fuori casa,
dapprima nel confronto con i coetanei....(anche a me, quanto mi sarebbe piaciuto
avere gli strumenti per difendere me e Livia!) e, successivamente, con l'impatto
con i cosiddetti "modelli di vita", con quello che nel sentire comune
e' considerato bello e quello che e' considerato brutto, quello che e' fonte
di vergogna o quello che e' considerato fonte di orgoglio, con una idea di
dignita' della persona tutta centrata sulla "prestazione" e sul "rendimento",
con un'idea di intelligenza cognitiva utilizzata come misuratore unico della
qualita' di una donna o di un uomo. Con i modelli umani "vincenti" presentati
dai media, dalla tv, dagli spot.....
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