Appello ai genitori di ragazzi Down
inseriti nelle scuole superiori
Carissimi tutti
eccomi qua, come d'accordo voglio iniziare questa bella conversazione tra noi
genitori che abbiamo in comune questi nostri figli un po' speciali, aiutati da
persone altrettanto speciali che mettono a nostra disposizione il loro tempo e
le loro competenze.
Sono la mamma di Paolo, e, con il suo papà, viviamo in una città
del Nord. Il fratello più grande ha 25 anni e vive già fuori
casa.
Paolo ha ormai 17 anni, dico ormai perché mi sto rendendo conto che
tutti questi anni sono passati veloci a dispetto della "lentezza"
con cui gli abbiamo vissuti; il motivo è che per raggiungere qualsiasi
tappa nel raggiungere gli obiettivi che ci eravamo posti (imparare a parlare,
a leggere e scrivere a lavorare a scuola in autonomia) abbiamo dovuto
pazientare ed attendere per tempi molto lunghi e i risultati finora raggiunti
non sono del tutto positivi.
Paolo è un ragazzo molto socievole e cerca la compagnia dei suoi
coetanei, si ispira al modello del fratello maggiore perché anche lui
vorrebbe andare ad abitare in una casa sua, vorrebbe prendere la patente,
andare in motorino, guidare la macchina, avere la fidanzata. Come facciamo noi
a dirgli che lui non potrà soddisfare i suoi desideri, che non sono
realizzabili per una persona che ha la sindrome di Down?
Paolo è diventato un ragazzo robusto, ha una corporatura abbastanza
simile ai ragazzi della sua età ed è dotato di una notevole
forza fisica; pur non praticando sport in modo continuo, riesce a fare la sua
nuotata in piscina con molto slancio e quest'estate è successo un fatto
nuovo che ci ha fatto provare un'intensa emozione: è riuscito ad
imparare ad andare in bicicletta senza le rotelle di sostegno!!! E' stata
così gratificante per lui questa conquista che l'ha reso ancora
più maturo e sicuro di se.
Paolo ha fatto il suo percorso scolastico integrato nelle classi comuni ed ora
è iscritto al secondo anno di una scuola superiore ad indirizzo
agrario. E' stato inserito in una classe dove ha trovato un'ottima accoglienza
da parte dei compagni e tutt'ora ha scelto un piccolo gruppo con cui
condividere scherzi e marachelle. Sul piano didattico le difficoltà
sono enormi anche in considerazione del fatto che questa scuola non
ha esperienza di presenze di portatori di handicap e forse non riesce ad
organizzarsi al meglio. Ci dobbiamo affidare al buon senso di alcuni
insegnanti che si sentono più coinvolti nella buona riuscita
dell'integrazione scolastica, per altri è scontato delegare
l'insegnante di sostegno, perché, come tutti sappiamo, la
quantità delle ore di sostegno assegnate non sono mai sufficienti a
garantire un supporto adeguato alle esigenze dei nostri figli. Hanno bisogno
di una guida costante e di stimoli mirati a consolidare le loro abilità
e potenzialità, curando naturalmente l'aspetto dell'autonomia che va
sollecitato per raggiungere maturità e consapevolezza. Il programma
differenziato rispetto ai compagni li porta spesso ad isolarsi e la soluzione
migliore per tutti diventa lavorare da solo con l'insegnante di sostegno. Sono
previste 6 ore di attività pratica in azienda, 5 sono coperte anche
dall'insegnante di sostegno, dove lui lavora volentieri e si sente gratificato
perché lo si capisce dallo stato d'animo con cui arriva a casa e ci
racconta le cose che ha fatto o visto. Altrettanto non si può dire
delle ore che trascorre in classe quando si deve "accontentare" di
stare seduto ad ascoltare e veder lavorare gli altri, perché ci sono
degli insegnanti che dicono di non riuscire a fargli svolgere un compito in
autonomia. Io mi sono fatta l'idea che, probabilmente, quegli insegnanti non
riescono a prendere in considerazione che, forse, bisogna attivare delle
metodologie adatte per entrare in comunicazione con il ragazzo che hanno di
fronte, oppure, altra ipotesi, che ciò richiede troppo impegno e spreco
di energie. Cerco di capire che le difficoltà sono palpabili in una
classe di 27 allievi (le norme per l'integrazione scolastica chi le osserva
più, se i presidi permettono questo?), ma noi dobbiamo salvaguardare il
benessere psico-fisico dei nostri figli e tutelare un ragazzo che non sempre
può difendersi dalle difficoltà ambientali.
Noi siamo orgogliosi di nostro figlio e possiamo dire che viviamo abbastanza
bene, seppure la nostra esistenza sia segnata da tante difficoltà che
ci vengono sopratutto dall'esterno. Ci riteniamo fortunati perché
Paolo non ha problemi di salute e questo ci aiuta a superare le tante
traversie con il mondo della scuola perché siamo sicuri di una cosa in
assoluto: non vogliamo affidarlo ai centri socio-riabilitativi dell'azienda
sanitaria, pretendiamo un posto al sole per Paolo.
Vorrei lanciare un appello ai genitori di ragazzi Down inseriti nelle scuole
superiori per avere informazioni sulle loro esperienze ed in particolare, se
hanno fatto dei percorsi misti istruzione-formazione, e con
quali modalità.
Spero nel vostro aiuto.
Grazie e saluti a tutti.
Delfina
Gentile Delfina,
quello che espone è un problema comune un po' a tutti.
Per una buona riuscita dell'integrazione scolastica, soprattutto in una
superiore, occorre che ci siano una serie di circostanze fortuite: un bravo
dirigente scolastico, disponibilità massima del docente che ha il
maggior numero di ore, un ottimo insegnante di sostegno, una percentuale di
compagni di classe con vissuti che li hanno resi sensibili verso certe
realtà, ecc.
Non è giusto, lo so, ma purtroppo questo è quello che,
quotidianamente, accade.
Da quanto racconta "Quando un insegnante ci ha detto in modo categorico
che non è possibile sostenere anche la presenza dell'insegnante di
sostegno in classe" sembra evidente una certa forma di intolleranza,
frutto forse della
propria incapacità ad affrontare una situazione, ma anche
l'incapacità a far lezione in presenza di un'altra persona
"competente" . Sono molti gli insegnanti che non amano avere in
classe persone che, in qualche modo, possono esprimere giudizi.
Ma forse, ci sono aule troppo piccole, forse la classe è particolarmente
vivace, forse..........
Quando mio figlio ha frequentato le superiori (la scuola alberghiera) ci sono
state tante cose che non andavano, ma c'erano anche molte cose positive. Non
so lì da voi, ma qui le scuole professionali sono un po' snobbate, per
cui alcuni docenti si sentono penalizzati e sperano di transitare in altre
scuole più prestigiose: licei, tecnici. Per questo mio figlio cambiava
spesso i professori, ma per fortuna gli insegnanti delle materie pratiche
rimanevano gli stessi. Un anno ha avuto un'insegnate di francese che i ragazzi
chiamavano "signora Coriandoli", personaggio televisivo di quei
tempi.
Ci incontrammo in un consiglio di classe e appena mi vide, cinguettò:
"Non vedevo l'ora di conoscerla perche ho bisogno di chiederle alcune
cose".
Bene - ho pensato - finalmente un'insegnante è contenta di conoscermi e
vuole conoscere anche mio figlio.
"Mi dica" ho cinguettato anch'io. E lei: "Come mai suo figlio
non mi chiede mai di andare in bagno?". E' stato istintivo per me
rispondere "Ce l'ha! Giuro che ce l'ha. Il fatto che lo usi poco fuori
casa, probabilmente dipende dal fatto che ho
cercato di abituarlo a non usare i servizi se non in caso di vera
necessità.
Sa, io lavoro in ambiente sanitario e ci tengo molto all'igiene". E' stata
l'unica cosa che mi ha chiesto. Potrei raccontarle, Delfina, tantissime cose.
Questa l'ho raccontata per strapparle un sorriso, ma credo che desidera
qualche indicazione più concreta.
Aumentare le ore di sostegno non cambierebbe molto la situazione. Forse si
può pensare a un progetto di alternanza scuola-lavoro, ma si dovrebbe
attivare anche lei.
Un progetto lo si può attuare anche con un accordo con un fiorista, un
vivaista, un ortolano, una cooperativa dove Paolo potrebbe recarsi due volte a
settimana. Io non conosco Paolo, non so quali sono le sue capacità e i
suoi comportamenti, ma credo che si sentirebbe più realizzato in un
contesto misto.
Potrebbe provare lei a prendere contatti con qualcuno e parlarne poi con
l'insegnante di sostegno.
In genere si fa un progetto che prevede un percorso scolastico per
l'acquisizione di certi comportamenti e di certe abilità, poi si passa
al pratico con un tutor.
Se Paolo ha un sostegno per 6 ore settimanali e il progetto prevede 6 ore a
settimana di alternanza lavoro, potrebbe essere l'insegnante di sostegno la
figura del tutor, oppure si possono prevedere 4 ore settimanali in modo di
averne altre due a scuola. Man mano che Paolo acquisisce sicurezza, il tutor
diminuirà la sua presenza.
I genitori, se possibile, devono farsi promotori e collaborare.
Non so se può essere un'idea realizzabile, ma è una possibile
strada da percorrere.
Se dovesse aver bisogno, le posso fare avere una copia di convenzione che la
scuola stipula con l'azienda che accoglie lo studente. Posso anche farle avere
una copia di progetto.
Cordiali saluti.
M. Teresa Calignano
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