Sebbene la pediatra gli abbia consigliato di aspettare qualche giorno
Proprio oggi sono andata a vedere una sala parto, dove, incrociando le dita,
nascerà quest'estate la mia terza bambina. Sono fissata con il
parto in acqua: in vasca è nata due anni e mezzo fa la sorellina di
Lucrezia, e sono convinta che il suo temperamento passionale sia frutto anche
di quella bellissima esperienza.
En passant, la gentile ostetrica toscana mi ha fatto vedere anche la sala parto
tradizionale, con lettino ostetrico classico modello "gambe in aria con
ginecologo bisturizzato in dotazione". In una stanza come quella è nata
Lucrezia, ormai 4 anni or sono.
Ho risentito forte il contrasto tra l'atmosfera ovattata della sala con
le luci soffuse e i suoni attutiti come vuole la pratica del parto dolce, solo
mio marito presente e io che sguazzavo nell'acqua calda, con il clima
che si respirava nella stanza dove è nata Lucrezia: l'ostetrica
che scherzava ad alta voce con il ginecologo, di fianco a me un infermiere
che alzava sempre di più il volume della TV, io che cercavo anche di
non lamentarmi per evitare che l'alzasse ulteriormente, mio marito che
non arrivava mai. Io e la mia bambina eravamo in mezzo a quel "bar sport",
ma non ci importava: tra poco ci saremmo conosciute e abbracciate, e al diavolo
a quei maleducati.
L'immobilità mi pesava, ma siccome avevo avuto la rottura del
sacco amniotico secondo loro non dovevo assolutamente muovermi dal letto. Inoltre,
per velocizzare un travaglio già di per sé veloce mi avevano
attaccato la flebo di ossitocina, a causa della quale le contrazioni si susseguivano
fortissime. Lucrezia è nata dopo 4 ore di travaglio, non ho praticamente
mai urlato (o forse a causa del volume della TV non sono riuscita a sentirmi)
e ho sopportato stoicamente ogni "vessazione" dell'equipe
medico-infermieristica. Quello era il loro stile, ma io me ne fregavo: stava
per nascere mia figlia; la prima gravidanza mi era sembrata interminabile (è incredibile
come quelle successive volino!), non vedevo l'ora di conoscere quella
bambina tanto attesa e sognata. Nessun dolore mi pareva paragonabile alla cosa
fantastica che sarebbe seguita… conoscere finalmente Lucrezia! Chissà come
l'avrebbe adorata, Claudio, che tutte le sere le parlava nella pancia.
E chissà come l'avrebbero viziata i nonni, la loro prima nipotina… avrei
dovuto faticare sette camicie per tenerli a freno. Questi pensieri meravigliosi
mi facevano sopportare il dolore tremendo, avevano un effetto come anestetizzante
ed euforizzante.
Durante il travaglio di Virginia, un anno e mezzo dopo, Claudio è rimasto
sconvolto dai miei urli, che gli facevano pensare addirittura che le cose non
stessero andando bene. Per fortuna, invece, tutto procedeva benissimo e velocemente.
Solo che non volevo pensare al "dopo". Non volevo immaginarmi quest'altra
bimba per non avere una nuova delusione, che non avrei retto. E poi dovevo
gridare anche per l'altra volta, per tutto quel dolore trattenuto e poi
scoppiato poche ore dopo. Adesso mi sono messa in pari, con gli urli, e forse
nel prossimo parto riuscirò a non sconvolgere tutta la clinica.
Ad un certo punto ho capito che c'eravamo. Il gine e l'ostetrica
hanno smesso di scherzare ed hanno iniziato a prestarmi attenzione. Un'infermiera
mi ha accarezzato una mano (l'unico gesto gentile che ricordo) e mi ha
detto: "dai, che se non nasce a questa spinta, nasce alla prossima!".
Nooo, non ci posso credere, Lucrezia, ci siamo già! Così poco,
ci è voluto, per avere la mia Lucrezia!
Quella spinta è bastata, Lucri ha iniziato subito ad urlare e l'infermiera
ha esclamato "che bella pupona!". L'hanno portata subito
nell'altra sala, dal pediatra, come ci avevano detto al corso pre-parto
dell'ospedale, e quindi non mi sono insospettita di niente. Claudio ha
domandato: "va tutto bene? Posso andare a telefonare?". L'infermiera
ha esclamato: "non senti quella? Strilla come un'aquila!".
In effetti Lucrezia non doveva gradire le attenzioni del neonatologo, perché piangeva
come una disperata. Comunque l'infermiera è andata ad informarsi,
e ha dato il via libera a Claudio per telefonare ai parenti. Adesso che ci
penso potrei farle causa per avere in risarcimento una ricarica di telefonino,
dato che poche ore dopo ci è toccato rifare il giro di tutti.
Era notte, chissà perché i bambini nascono tutti di notte. Claudio è tornato
a casa, io ho riposato fino alla mattina. Mi sono alzata per andare fino al
nido a vedere la bimba, che mi avevano mostrato di sfuggita mentre il ginecologo-sarto
faceva il suo lavoro. "Oddio, come sei bruttina!", le avevo detto
per celare l'orgoglio di madre. In realtà mi era sembrata proprio
bellina, per essere una bimba appena nata, con dei begli occhi blu a mandorla
come i miei. Che fortuna, aveva preso i miei occhi! Speriamo che rimangano
blu!
In quel momento è arrivato Claudio, con i nonni. Siamo andati insieme
al nido, e l'incantesimo si è rotto. La bimba era in incubatrice,
non potevamo prenderla. La pediatra ci chiedeva se c'erano casi di favismo
in famiglia, perché qualcosa negli esami del sangue non andava. Che
delusione! Non era perfetta! Ma come era potuto succedere?
Tutti se ne sono andati, io ho iniziato ad annoiarmi leggendo giornali di mamme
e bimbi perfettini in stanza e ho mangiato un petto di pollo filaccioso sperando
che mi venisse il latte e che la bimba si riprendesse presto. Ero però molto
delusa. Inoltre vederla mi aveva dato un'emozione strana. Sentirla così distante
in incubatrice aveva bloccato il processo di attaccamento. Ma era mia figlia
quella?
Nel pomeriggio ritorna Claudio. Ha parlato con la pediatra. E' strano,
smanioso. Andiamo a vedere la bimba ma lo sento molto freddo con lei, e questo
aumenta di più la mia delusione e la mia inquietudine. Finalmente decide
di vuotare il sacco, sebbene la pediatra gli abbia consigliato di aspettare
qualche giorno. Per fortuna ha seguito il suo istinto e me l'ha detto
subito: non avrei resistito altri giorni con quella strana disposizione d'animo.
Nel seguito mi sono sentita molto fredda. Della bimba non me ne fregava niente:
magari morisse! Con quello che mi aveva fatto… non la volevo nemmeno
rivedere né chiedevo mai informazioni sui suoi controlli di salute.
Ho raccolto le mie cose e me ne sono tornata a casa, a raccogliere le idee.
Il giorno successivo siamo tornati in ospedale, e io volevo trovare il modo
per scappare da quella situazione. Lo psicologo dell'Ospedale, un vero
deficiente, ci ha detto che potevamo anche non riconoscerla. Ecco, quella era
la strada! Non l'avrei riconosciuta. Era meglio anche per la bambina,
tanto non mi sentivo assolutamente capace di amarla e di accettarla. Come l'avrei
cresciuta? Non se lo meritava, in fondo, così piccolina e indifesa,
senza nessuno che le voleva bene.
Poi, con il passare dei giorni, ci siamo un po' tranquillizzati. Andavamo
a trovare la bimba, che mi faceva sempre una gran tristezza, così "spenta" rispetto
ai pupetti tutto pepe che c'erano nella neonatologia. Ci metteva tantissimo
a mangiare dal biberon, non si attaccava al seno. Sembrava che non avesse stimoli
a vivere. Abbiamo deciso di tenerla, ma non è stata una scelta derivante
da un improvviso amore per la bimba. Semplicemente ci abbiamo ragionato: avremmo
avuto altri figli, ci saremmo impegnati per crescerla al meglio.
Piano piano, con le cure familiari, Lucri ha iniziato a "svegliarsi" e
diventare sempre più vitale. I primi sorrisetti sono arrivati presto
e, nonostante tutto, ci hanno riempiti di gioia. Abbiamo passato una bella
estate insieme alla nostra bambina, che era molto buona e ci lasciava riposare
(poi l'abbiamo ripagata nei mesi successivi…). Ci siamo ricaricati
bene, e questa bella atmosfera ha favorito l'attaccamento. Con lei però è stato
un processo graduale, cerebrale. Non c'è mai stato l'idillio,
l'innamoramento assoluto e irrefrenabile come è successo con la
seconda figlia.
Ci sono stati tanti momenti difficili, nella crescita di Lucrezia. Alcuni momenti
belli, ma anche tante giornate no. Spesso ho continuato a pensare a come sarebbe
stata la nostra vita senza di lei. Di certo ci ha maturati, ci ha fatto apprezzare
di più le piccole cose della vita. Ma quanto sarebbe stata più facile!
Crescere un bambino "normodotato" dopo uno con sdd è una
vera passeggiata. Ancora adesso ci penso, nonostante che stiamo attraversando
un momento molto bello. Con la sorellina sono molto affiatate, giocano tantissimo
e ci fanno spesso ridere. Virginia è una meraviglia della natura, piena
di passione e di iniziative, e la sorellona la segue con entusiasmo e con sguardo
materno. Virginia, inoltre, la tiene molto in considerazione: chiede sempre
la sua opinione e continua ad insistere finchè lei non risponde. Questo
la inorgoglisce molto.
Inizia a parlare discretamente, e ieri mi ha raccontato un suo sogno: "mamma,
ti devo dire una cosa. Ero in un castello pieno di gelati. C'era mamma,
nonno Gino, nonna Maria. Babbo no.". "E tu quanti gelati hai mangiato?". "Taaaanti
tanti. No, solo quattro!". E' appena arrivata in casa tutta contenta
con una torta al cioccolato "comprata al Sorno", come ha detto
lei.
Credo che Lucrezia sia una bimba felice, noi siamo sereni. Per il momento non
chiedo niente di più alla vita. In attesa di Anita.
In bocca al lupo a tutti i neogenitori.
Cristina
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