UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO
Scuola di Specializzazione in Pediatria I
Indirizzo in Pediatria Sociale e Puericultura.
Tesi di Specializazione in Clinica Pediatrica
discussa il 12/11/1996
LA COMUNICAZIONE
DEL "PROGETTO DI PRESA IN CARICO GLOBALE" ALLE FAMIGLIE DI BAMBINI AFFETTI DA SINDROME DI DOWN
Dott.ssa Maria Grazia Dell’Orto
mariagrazia.dellorto@pediatriamonza.it
relatore: Prof. Giuseppe Masera
controrelatore: Dott. Cesare Ghitti
Si ringrazia la D.ssa Marianna Balgera (Clinica di Neuropsichiatria Infantile
dell' Università di Milano, Ospedale S. Gerardo, Monza) per la preziosa e
sollecita collaborazione nelle comunicazioni del "progetto di presa in carico globale".
Indice
Introduzione
Obiettivi
Metodi
Pazienti
Risultati
Discussione
Conclusioni
Bibliografia
Commento dellautore in data 11 febbraio 2004
La nascita di un figlio affetto da una malattia genetica rappresenta per i genitori un momento drammatico. Le risposte emotive dei genitori descritte in letteratura sono comuni e si manifestano indipendentemente dall' aver eseguito o meno controlli prenatali (8). La nascita del bambino, indipendentemente dal fatto che i controlli prenatali fossero risultati nella norma o già indicativi di patologia, evoca nei genitori sentimenti di frustrazione, rabbia, rifiuto e talvolta sensi di colpa (6).
Da un lato le ansie, i timori, le angosce gettano la famiglia in una situazione di disperazione ed impotenza di fronte all' evento, dall'altro rapidamente emerge la necessità e l'urgenza di "sapere" per iniziare la convivenza con la malattia che, nel caso della sindrome di Down, è peraltro da un punto di vista medico facilmente diagnosticabile ed inquadrabile. In mancanza di un preciso punto di riferimento al quale domandare informazioni, la famiglia è costretta ad iniziare una "peregrinazione" alla ricerca di notizie e chiarimenti che il più delle volte vengono poi di fatto forniti da parenti e conoscenti sulla base di esperienze personali o di nozioni anedottiche. Il risultato di ciò è una crescita dell'ansia, della confusione e della frustrazione.
L'approccio ai problemi riguardanti soggetti affetti da malattie genetiche è estremamente complesso e necessita di competenze professionali elevate, di tipo interdisciplinare e multispecialistico, e di possibilità di integrazione con le figure che assistono sul territorio i singoli pazienti. A tali necessità fa invece riscontro una carenza di strutture sanitarie che possano rappresentare per la famiglia un punto di riferimento sicuro nell'assistenza al bambino o perché tali strutture (pediatra di base, pediatra ospedaliero, eventuali competenze specialistiche, servizi territoriali di riabilitazione fisica e/o assistenza socio-sanitaria...) sono difficilmente raggiungibili dal paziente o perché, pur essendo presenti, manca un coordinamento dell'intervento che consenta un'assistenza globale al piccolo paziente (15). A ciò si deve anche aggiungere la difficoltà con la quale molti medici si pongono di fronte a certe problematiche complesse, non di pertinenza solo medica, non avendo mai ricevuto nel corso dei loro studi nozioni utili per affrontare tali situazioni o non essendo stati sensibilizzati a volte a cogliere tutte quelle necessità, mediche e non, che il paziente e la sua famiglia possono avere.
Se l'esperienza dei diversi operatori e i dati della letteratura possono essere utili nell'individuare i bisogni più generali, solo un "progetto di cura globale" ideato, organizzato e sviluppato per quel bambino e per la sua famiglia può permettere di considerare la situazione sotto gli tutti gli aspetti medici, psicologici, sociali (21).
Il progetto di cura sottende una presa in carico globale fin dal momento della nascita attraverso un cammino che viene proposto alla famiglia con lo scopo di garantire al bambino la migliore qualità di vita possibile. A tale cammino, vista la peculiarità e la vastità della patologia genetica, devono prendere parte diversi operatori che devono però lavorare in modo coordinato, evitando di sovrapporre i propri ruoli o di trascurare alcune problematiche.
Occorre pertanto una figura che faccia da trait d'union tra i diversi specialisti in modo da garantire l'unitarietà del paziente e ridurre al minimo i disagi per la famiglia e che sia quindi responsabile della gestione globale del paziente.
In questo progetto trova una collocazione precisa ed insostituibile anche il pediatra curante del bambino il quale viene chiamato in causa come garante del bambino e della sua "salute". Al pediatra deve esser lasciata piena autonomia nella gestione dei comuni problemi legati alla crescita ed a patologie acute; l'intervento su aspetti specifici della malattia genetica deve essere concordato invece nell'ambito del progetto di cura globale che deve essere inoltre discusso e condiviso con la famiglia. L'obiettivo non è la sovrapposizione ma l'integrazione dei ruoli (9,10).
Il progetto di cura deve essere discusso e condiviso con la famiglia; l'essere informata sul programma di cura sin dalla nascita può aiutarla infatti a superare il senso di smarrimento, dal momento che vengono spiegati gli obiettivi, il timing e le modalità dei controlli al bambino e vengono indicati i percorsi e le figure a cui fare riferimento; in secondo luogo le può offrire l'opportunità di assumere un ruolo attivo da protagonista nella gestione e nella crescita del proprio figlio, rendendosi conto della reale possibilità e del dovere di fare qualcosa di concreto per aiutare il bambino (4,23).
L' intervento poi non può limitarsi solo alle problematiche prettamente mediche della Sindrome di Down ma deve contemplare altri aspetti. Uno dei problemi più pressanti per le famiglie è rappresentato dal ritardo mentale. Per far fronte alle numerose problematiche legate ad esso, è necessaria la stretta collaborazione con lo specialista Neuropsichiatra Infantile al quale spettano la sorveglianza attenta dello sviluppo psicomotorio, volta ad evidenziare precocemente difficoltà nell'acquisizione di particolari funzioni, la messa in atto delle misure più idonee per sostenere ed aiutare il bambino, nell'ambito del nucleo familiare o dei servizi di riabilitazione ed il sostegno di tipo psicologico alla famiglia. Il Neuropsichiatra riveste anche un ruolo privilegiato nel considerare le problematiche di tipo "sociale"; l'apertura verso queste può attuarsi in diversi modi, ad esempio attraverso il collegamento con le strutture territoriali, scolastiche e sociali della zona di residenza del bambino, o attraverso la promozione di incontri con altri genitori al fine di mettere in comune le singole esperienze, superando il senso di isolamento che la famiglia avverte o di mettere in atto iniziative concrete che permettano di vincere il senso di impotenza di fronte alla malattia.
Nella letteratura internazionale poca attenzione è stata prestata in passato a questi aspetti, mentre ampio spazio è stato dedicato al problema della comunicazione della diagnosi di Sindrome di Down (e più in generale di malformazione congenita) ai genitori al momento della nascita. In effetti le modalità ottimali per effettuare tale comunicazione che rappresenta un momento di fondamentale importanza per la realizzazione e la riuscita di un adeguato programma terapeutico ed assistenziale (5,24) sono state ormai codificate:
- la diagnosi di malattia genetica deve essere comunicata alla famiglia il più presto possibile (1-3,11,14,15,18,20,21), non appena si siano acquisiti quegli elementi clinici che consentono di formulare con ragionevole certezza la diagnosi (11,14);
- la diagnosi deve essere comunicata in un ambiente adeguato e tranquillo, possibilmente ad entrambe i genitori (7,11,12,17,18,21,26) da una persona esperta che rivestirà in futuro un ruolo di "figura di riferimento" per la famiglia;
- se possibile deve essere presente il piccolo paziente, in modo che possano essere illustrati ai genitori i segni fenotipici della malattia ma anche le caratteristiche non patologiche presenti nel loro bambino; infatti è stato osservato che i genitori, qualora non venga loro concesso di vedere il bambino si costruiscono un'immagine molto più distorta e grave rispetto a quella reale;
- nella comunicazione deve essere utilizzato un linguaggio semplice, comprensibile;
- devono essere affrontati tutti i vari aspetti riguardanti la malattia (cause, decorso, prognosi, ricorrenza, inserimento nel sociale, ecc) valorizzandone gli aspetti positivi (11,14);
- si deve cercare di rispondere alle domande, ai dubbi che i genitori formulano ed esprimono, dichiarandosi disponibili ad approfondire l'argomento (2,7,16-22,24).
Seguendo le indicazioni emerse dalla letteratura internazionale e sulla scorta di un'esperienza ventennale derivata dalla cura delle malattie croniche emato-oncologiche, la Clinica Pediatrica dell'Università di Milano con sede presso l'Ospedale S. Gerardo di Monza ha messo a punto un programma di presa in carico globale della Sindrome di Down secondo i principi sopra esposti, che ha come perno e motore il pediatra ospedaliero responsabile dell'Ambulatorio per la Sindrome di Down.
Tale programma ha inizio subito dopo la nascita del bambino e si caratterizza per due elementi innovativi:
- il coinvolgimento fin dai primi momenti del pediatra curante
- il colloquio di comunicazione del programma di presa in carico globale alla famiglia ed al medico curante del bambino. Tale colloquio che rispecchia un percorso predefinito come tempi, modalità e contenuti della comunicazione e rappresenta il vero momento di avvio dello stesso programma di cura.
Scopo della tesi è innanzitutto quello di presentare il progetto di cura globale del bambino con Sindrome di Down messo a punto nel nostro Centro, inteso come tentativo da un lato di dare una risposta alle svariate esigenze del paziente affetto da una malattia genetica cronica e della sua famiglia e dall'altro di coinvolgere attivamente il medico curante nell'assistenza al bambino.
In secondo luogo è quello di proporre un modello di comunicazione caratterizzato da:
- attenzione alla modalità con cui viene effettuata la comunicazione
- capacità di fornire indicazioni chiare ed esaurienti sul progetto di cura
- capacità di coinvolgere ed indirizzare il pediatra curante
In terzo luogo è quello di valutare il grado di soddisfazione delle famiglie e dei medici curanti rispetto a questo momento di comunicazione del programma di cura con specifica attenzione alla:
- modalità della comunicazione (luogo dove è avvenuta, durata dell'incontro, figure presenti, distanza dalla nascita del bambino)
- capacità di trasmettere informazioni complete sulla malattia
capacità di fornire indicazioni chiare ed esaurienti sul progetto di cura.
Il progetto di cura globale
Il progetto di cura globale prende avvio già nella Divisione di Patologia Neonatale al momento della nascita con la comunicazione preliminare della diagnosi di Sindrome di Down che viene effettuata da parte del neonatologo, talora affiancato dall'ostetrico-ginecologo, possibilmente ad entrambe i genitori contemporaneamente presenti. Altri compiti che spettano al neonatologo sono:
- eseguire gli screening neonatali, i primi controlli pediatrici e le indagini strumentali volte a ricercare la presenza delle patologie più frequentemente associate alla sindrome;
- richiedere l'analisi del cariotipo
Prima della dimissione il neonatologo informa i genitori che il loro bambino è inserito in un progetto di cura globale che verrà coordinato dalla Clinica Pediatrica dove è operante un Ambulatorio per il bambino con Sindrome di Down.
Tale ambulatorio ha come compiti il:
- coordinamento dei vari interventi specialistici di carattere medico, utilizzando le competenze degli specialisti ospedalieri ed extraospedalieri che seguiranno il bambino (cardiologo, odontoiatra, oculista..), fissando gli appuntamenti per i controlli a determinate scadenze e valutando gli esiti delle visite
- valutazione periodica del bambino per il controllo delle varie aree di sviluppo auxologico ed il riconoscimento precoce delle principali affezioni d'organo alle quali i bambini con Sindrome di Down risultano più predisposti rispetto alla popolazione generale (tiroide, apparato emopoietico e gastroenterico...).
La seconda tappa del progetto di cura è l'incontro di comunicazione del progetto stesso. All' incontro prendono parte i genitori, il pediatra responsabile dell'Ambulatorio, alcuni dei medici ospedalieri che si sono occupati o si occuperanno poi del bambino (neonatologo, neuropsichiatra infantile) ed anche il pediatra curante. La data dell'incontro deve essere preventivamente concordata con la famiglia ed il medico curante. Il tempo che intercorre tra la nascita e l'incontro di comunicazione consente alla famiglia di elaborare l'esperienza dolorosa legata alla nascita del bambino, adattandosi alla nuova situazione e cominciando a pensare in modo concreto a cosa fare per il proprio figlio. Inoltre consente di poter disporre dell'esito del cariogramma e di comunicarlo alla famiglia ed al medico curante, fornendo tutte le informazioni richieste ed il consiglio genetico.
L'incontro si svolge in uno studio, a porte chiuse e senza telefono. La comunicazione si svolge sotto forma di dialogo libero ed informale con i genitori ed il medico curante che vengono invitati fin dall'inizio ad esplicitare ogni dubbio o curiosità.
Gli scopi del colloquio sono:
- confermare la diagnosi clinica e fornire counseling genetico, fornendo notizie sulla Sindrome di Down e sui principali problemi correlati (medici, psicologici, sociali...) (vedi fig. 1).
- illustrare dettagliatamente il progetto di cura proposto dal nostro Centro, concordando con la famiglia ed il pediatra curante il programma di controlli clinici e diagnostici, secondo un protocollo di follow-up clinico-strumentale messo a punto rielaborando ed adattando alla nostra realtà locale analoghi protocolli già in uso presso altri Centri (Centro Studi Regionale Sindrome di Down con sede a Genova - Ospedale Galliera, USL 35 Ravenna, Regione Emilia Romagna) o comparsi in recenti pubblicazioni (vedi fig. 2).
- coinvolgere il pediatra curante, definendo le modalità di interazione e i diversi ambiti di intervento
- presentare e chiarire il ruolo dello specialista neuropsichiatra infantile che prende parte attivamente alla comunicazione fornendo ai genitori informazioni circa lo sviluppo psicomotorio, le caratteristiche del ritardo mentale, le finalità e le modalità della riabilitazione fisica
- fornire ai genitori alcuni punti di riferimento (associazioni di genitori... ) con i quali iniziare a mettersi in contatto
- far emergere domande e perplessità da parte dei genitori in modo da fornire loro informazioni corrette e rassicurazioni.
Negli ultimi incontri è stato proposto alla famiglia di registrare l'incontro su audiocassetta, una copia della quale veniva conservata dal pediatra dell'Ambulatorio mentre una seconda copia veniva consegnata ai genitori.
Accanto a tale incontro di comunicazione di progetto di cura, si procede ad una prima valutazione clinica del bambino, volta a rilevare eventuali segni di patologia e ad illustrare ai genitori le caratteristiche fenotipiche della Sindrome presenti nel loro bambino. Questa si verifica alcune settimane dopo la nascita presso l'Ambulatorio per il bambino con sindrome di Down e può precedere o seguire l'incontro di comunicazione del progetto di cura. Nel caso lo preceda, rappresenta la prima occasione di incontro con il personale dell'Ambulatorio ed ha lo scopo di fornire ai genitori alcune informazioni preliminari sulla patologia e sul programma d'assistenza previsto, anticipando in parte i contenuti del colloquio di comunicazione vero e proprio.
I questionari di valutazione
Per valutare il grado di soddisfazione rispetto alla modalità di comunicazione del "progetto di cura globale al bambino con Sindrome di Down" abbiamo approntato due questionari uno dei quali è stato inviato per posta ai genitori, l'altro ai pediatri curanti, precedentemente informati personalmente o per telefono degli scopi e delle caratteristiche dei questionari stessi. Le famiglie ed i medici curanti venivano invitati a rispondere anche in modo anonimo alle domande e a rispedire per posta il questionario tramite la busta preindirizzata e preaffrancata che trovavano acclusa.
Questionario di valutazione per i genitori.
I punti presi in esame sono stati (vedi allegato 1):
- l'adeguatezza delle modalità di comunicazione: figure presenti, linguaggio, luogo, tempo;
- la distanza tra la nascita del bambino e la comunicazione;
- il gradimento per la famiglia della presenza del medico curante;
- l'utilità del colloquio per il medico curante e per la famiglia per assistere il bambino;
- la capacità di trasmettere informazioni sulla patologia e sul programma di cura globale previsto;
- l'utilità della registrazione su nastro del colloquio stesso;
- le eventuali osservazioni da parte dei genitori.
Questionario di valutazione per i pediatri curanti
Sono stati presi in considerazione (vedi allegato 2):
- l'adeguatezza delle modalità di svolgimento del colloquio (luogo, tempo, liguaggio, distanza dalla nascita del bambino);
- l'utilità per curare ed assistere il bambino;
- l'utilità per approfondire le caratteristiche della sindrome di Down;
- la capacità di fornire informazioni sul programma di cure pervisto;
- l'utilità della registrazione su cassetta;
- le eventuali esperienze sulla comunicazione di diagnosi e di progetto di cure avute con altri pazienti affetti da sindrome di Down;
- le eventuali osservazioni.
Sono state eseguite 10 comunicazioni ad altrettante famiglie, seguendo le modalità descritte. Dei 10 pazienti 4 erano femmine e 6 maschi. L'età mediana dei bambini al momento della comunicazione era di 48,5 giorni (min. 30, massimo 235 giorni in un paziente seguito presso altri Centri fino all'ottavo mese di vita).
6/10 pazienti erano nati presso la Divisione di Patologia Neonatale del nostro Ospedale, 4 in altri Centri.
Le caratteristiche delle famiglie sono riportate nella tabella 1. L'età media delle madri era di 34 anni, quella dei padri era 39,5 anni. Tre dei 10 bambini erano figli unici e primogeniti.
L'anamnesi fisiologica è descritta in tabella 2.
La diagnosi di sindrome di Down era stata fatta alla nascita in 7/10 casi; negli altri 3 era stata fatta prima della nascita tramite amniocentesi (eseguita per il riscontro ecografico di cardiopatia in 2 casi e di poliidramnios nel terzo). In 4/6 casi i genitori, pur essendo a conoscenza dell'aumentato rischio di avere un figlio affetto da Sindrome di Down per l'età avanzata, non avevano voluto ricorrere all'amniocentesi. In un caso era stato riscontrato all'ecografia un iposviluppo fetale che aveva indotto la madre a sospettare che il bambino fosse affetto da Sindrome di Down. In un caso la madre non aveva richiesto l'amniocentesi perchè non era stata informata dell'aumentato rischio. Nell'ottavo caso
l'amniocentesi, che pure era stata ripetutamente richiesta dai genitori, non era stata eseguita vista l'età materna (32 anni).
La diagnosi di Sindrome di Down era stata comunicata dal neonatologo solo in un caso ai due genitori contemporaneamente alla nascita; in due casi ai due genitori 36 ore dopo la nascita; negli altri 4 casi era stata comunicata inizialmente solo ad un genitore.
In 8/10 casi il primo incontro con il personale dell'Ambulatorio per il bambino con Sindrome di Down si è svolto prima della comunicazione ufficiale descritta in precedenza (2-4 settimane prima). L'età mediana dei bambini al momento della prima visita era di 36,5 giorni (minimo=13 - massimo=75 giorni) (media=35,75)
Comunicazione del progetto di cura
A tutte le comunicazioni hanno partecipato entrambe i genitori del bambino, il pediatra responsabile dell'ambulatorio, la neuropsichiatra infantile ed il pediatra curante. Tutti i pediatri curanti contattati hanno partecipato alla comunicazione. In 8/10 colloqui era presente anche uno specializzando che verbalizzava l'incontro.
Nei primi due colloqui era presente anche il neonatologo. Al primo colloquio hanno preso parte anche uno psicologo, un pediatra esperto in Genetica Clinica ed i direttori della Divisione di Patologia Neonatale, della Clinica Neuropsichiatrica Infantile e della Clinica Pediatrica. Questultimo ha presenziato anche al secondo colloquio.
I colloqui sono durati in media 60 minuti (dai 45 ai 90 minuti).
In tutti è stato spiegato il significato dell'incontro ed il ruolo delle figure presenti. Ci si è soffermati sulle caratteristiche e sui compiti del nostro Ambulatorio, accennando alla possibilità di interagire coi diversi Specialisti ed al tipo di intervento medico proposto. In tre colloqui ci si è soffermati sulla possibilità di aggiornamento bibliografico continuo computerizzato offerta ai medici dell'ambulatorio ed agli specialisti, tramite l'uso della "Medline".
Il programma di intervento è stato comunicato dettagliatamente al curante e sono state concordate le modalità di gestione del singolo caso, in modo da evitare la sovrapposizione di ruoli.
In tutti i colloqui la neuropsichiatra infantile si è soffermata sul tipo di intervento che si proponeva di fare dopo aver illustrato le caratteristiche dello sviluppo psicomotorio e del ritardo mentale. Ha spiegato le varie modalità di riabilitazione ed in 5/8 casi ha illustrato la possibilità e l'utilità di collegarsi con le strutture del territorio dove viveva il bambino per agevolare lo svolgimento della fisioterapia e della logopedia.
In 7/8 casi si è comunicato l'esito del cariotipo e si è fatto counseling genetico (in un caso era già stato trattato dal ginecologo dopo che era stata fatta la diagnosi prenatale). In tutti i colloqui i genitori, soprattutto le madri, hanno chiesto chiarimenti per approfondire l'argomento.
In 6/8 casi si è accennato all'esistenza di riunioni periodiche tra i genitori dei bambini seguiti presso il nostro Centro (alle quali partecipano anche i medici) ed all'opportunià di mettersi in contatto con altri genitori. In 5 colloqui si è fatto cenno (in 1 su richiesta della coppia) all'esistenza di diverse associazioni di genitori, fornendone gli indirizzi; una coppia ha richiesto titoli di libri o di opuscoli sulla Sindrome di Down.
Negli ultimi 4 colloqui si è parlato dei problemi dell'inserimento dei bambini nella scuola o nella società, prospettando in particolare l'utilità di inserire il bambino all'asilo nido.
In 4 colloqui, su richiesta del medico curante, si è affrontato il tema delle vaccinazioni e del sistema immunitario nei bambini con Sindrome di Down, fornendo indicazioni pratiche a riguardo.
In 3 comunicazioni è stato chiesto ai genitori un giudizio sulle informazioni date; in 2 si sono dichiarati soddisfatti per l'opportunità di avere a disposizione i diversi specialisti a cui fare riferimento, in un caso è stato apprezzato l'incontro con i medici dell'ambulatorio che si era svolto due settimane dopo il parto perché aveva offerto l'opportunità di ricevere le prime risposte ai tanti interrogativi che si erano posti e di verificare la correttezza dei consigli e delle informazioni che avevano raccoltonel frattempo.
In 4/6 colloqui è emerso il problema della comunicazione della diagnosi agli altri membri della famiglia; in due colloqui i genitori hanno chiesto consigli su come comunicare la notizia agli altri figli ed ai nonni; negli altri 2 la coppia ha raccontato la propria esperienza sulla comunicazione della nascita del fratello affetto da Sindrome di Down ai figli.
In tutti i colloqui si sono incoraggiati i genitori ad esplicitare i propri timori o le proprie ansie: una coppia si è dichiarata preoccupata per la necessità di controlli medici, una per la necessità di portare periodicamente il figlio in ospedale. Due coppie hanno chiesto delucidazioni sui problemi intellettivi dei bambini, in riferimento soprattutto all'inserimento scolastico; altre due si sono dette preoccupate per i problemi fisici che i bambini avrebbero potuto presentare. Una coppia ha chiesto informazioni sulle prospettive di sopravvivenza e sull'età media dei soggetti con Sindrome di Down. Una coppia ha invece dichiarato fin dall'inizio del colloquio di non desiderare molte spiegazioni ed informazioni ma di preferire una presa di coscienza graduale dei problemi del figlio.
Gli argomenti affrontati sono riportati sinteticamente nella tabella 3.
Negli ultimi 4 colloqui si è proceduto, dopo aver ottenuto il consenso ai genitori, a registrare su audiocassetta l'incontro; una copia della cassetta è stata poi consegnata alla famiglia.
Negli ultimi 8 casi i genitori, pochi giorni dopo la dimissione dalla Divisione di Patologia Neonatale, si sono messi in contatto con l'Ambulatorio per il bambino con Sindrome di Down ed hanno richiesto un primo incontro ed una prima visita al bambino.
Questionario di valutazione per i genitori.
Sono stati inviati 10 questionari ad altrettante famiglie; ne abbiamo ricevuti compilati 8 (80%). Due questionari sono stati anche firmati.
Riportiamo ora le risposte avute a ciascuna domanda.
- Ritenete utile la presenza di tutti i medici che hanno partecipato all'incontro?
- Ritenete adeguato il luogo in cui è avvenuto il colloquio?
- Ritenete adeguato il tempo che si è dedicato al colloquio?
- Ritenete che l'incontro si sarebbe dovuto tenere in un periodo più vicino alla nascita di vostro figlio/a?
- Il linguaggio utilizzato è stato chiaro e semplice, permettendovi di comprendere tutti i concetti?
- La presenza del medico curante di vostro/a figlio/a vi ha fatto piacere?
- Ritenete che l'incontro aiuterà il curante a curare ed assistere meglio in futuro il vostro bambino?
- Pensate che l'incontro vi abbia aiutato a capire meglio le caratteristiche della malattia di vostro figlio e ad affrontare praticamente nel tempo i vari problemi che si sono poi presentati?
- Nell'incontro che avete avuto con i medici dell'Ambulatorio per il bambino con Sindrome di Down vi sono state fornite tutte le informazioni necessarie riguardanti il programma di cure previste per il vostro bambino?
- Vi sembra un'idea utile registrare su nastro audio l'incontro (in modo da offrire la possibilità al genitore di poterlo riascoltare e porre ulteriori domande o richiedere chiarimenti)?
Le osservazioni fatte dai genitori hanno riguardato:
- la necessità di supporto psicologico per i genitori soprattutto nei mesi successivi alla nascita del bambino;
- la richiesta di materiale bibliografico sulla sindrome di Down;
- la necessità di colloqui successivi con il personale dell'Ambulatorio per ribadire e/o approfondire le informazioni già ricevute nel primo colloqui
- la necessità di una maggiore precisione circa il programma di controlli ed esami previsti per il bambino.
Una coppia ha invece giudicato eccessive ed allarmanti le informazioni avute, dichiarando che avrebbe preferito riceverle gradualmente in seguito, man mano che si fossero presentati i problemi.
Questionario di valutazione per i pediatri curanti.
Degli 8 questionari inviati ad altrettanti medici ne abbiamo ricevuti 7/8 (87,5%). Un medico ha firmato il questionario dopo averlo compilato.
Riportiamo ora le risposte ottenute nei questionari.
- Ritenete adeguato il luogo in cui è avvenuto il colloquio?
- Ritenete adeguato il tempo che si è dedicato al colloquio?
- Ritenete che l'incontro si sarebbe dovuto tenere in un periodo più vicino alla nascita del bambino/a?
- Vi è sembrato che il linguaggio utilizzato sia stato chiaro e semplice?
- Ritenete che l'incontro vi sarà d'aiuto per curare ed assistere meglio in futuro il bambino?
- Pensate che l'incontro vi abbia consentito di capire meglio le caratteristiche della Sindrome di Down?
- Nell'incontro che avete avuto con i medici dell'Ambulatorio per il bambino con Sindrome di Down sono state fornite tutte le informazioni necessarie riguardanti il programma di cure previste per il bambino?
- Vi sembra un'idea utile registrare su nastro audio l'incontro (in modo da offrire la possibilità al genitore di poterlo riascoltare e porre ulteriori domande o richiedere chiarimenti)?
- Avete già seguito nella vostra esperienza professionale altri bambini affetti da Sindrome di Down?
- Se sì, siete stati personalmente coinvolti da altri Centri o strutture in esperienze simili di comunicazione?
Le osservazioni fatte dai medici curanti sono state:
- un medico ha giudicato l'incontro povero di nuove informazioni scientifiche e si è dichiarato favorevole ad un incontro più "tecnico" sulla patologia specifica;
- 3/7 medici hanno richiesto una collaborazione continua ed incontri periodici di aggiornamento sia sulla sindrome di Down che sull'andamento del loro paziente;
- un medico avrebbe voluto ricevere più informazioni sul follow-up del paziente
un medico avrebbe gradito che venissero presentati e messi a confronto i diversi programmi di follow-up proposti anche da altri Centri, pur dichiarandosi non a conoscenza di altre esperienze sulla sindrome di Down.
Tra le molteplici problematiche legate alla nascita di un bambino affetto da malattia genetica, molta attenzione è stata dedicata in passato alla comunicazione della diagnosi alla nascita; le modalità ottimali per realizzare tale comunicazione sono state ormai codificate (1-5,12-14,19-22,24,26), anche se poi nella pratica non sempre vengono messe in atto.
Una buona comunicazione di diagnosi alla nascita è tuttavia la risposta solo ad una prima esigenza della famiglia; la complessità della patologia genetica fa sì che solo un programma di "presa in carico globale" ideato, organizzato e sviluppato per quel bambino e per la sua famiglia permetta di considerare la situazione sotto gli tutti gli aspetti medici, psicologici, sociali (21). Tale progetto di cura sottende una presa in carico globale fin dal momento della nascita attraverso un cammino che dovrebbe essere proposto alla famiglia con lo scopo di garantire al bambino la migliore qualità di vita possibile.
Negli ultimi anni abbiamo messo a punto ed applicato un programma di "presa in carico globale" per i bambini affetti da sindrome di Down e le loro famiglie che ha due elementi caratterizzanti e che verranno presi in esame nella seguente discussione:
- il colloquio in cui viene esposto alla famiglia ed al medico curante del bambino il progetto stesso di presa in carico globale
- il coinvolgimento attivo dei medici curanti nel suddetto percorso assistenziale integrato.
COLLOQUIO DI PROGETTO DI "PRESA IN CARICO GLOBALE"
* Quando
La comunicazione di diagnosi e di progetto di cura è avvenuta mediamente 40 giorni dopo la nascita; tale intervallo ci sembra un tempo ragionevole in quanto deve tenere conto del tempo tecnico necessario per eseguire il cariotipo e di quello necessario alla famiglia per scegliere il pediatra curante e per mettersi in contatto con il Centro. Tutti i medici curanti e la maggior parte delle famiglie (70%) non ha ritenuto utile anticipare il colloquio, pur facendo presente l'esigenza di una precoce informazione sulla malattia. In 8 casi su 10 i genitori, pochi giorni dopo la dimissione dalla Divisione di Patologia Neonatale, si sono messi in contatto con l'Ambulatorio per il bambino con Sindrome di Down ed hanno richiesto un primo incontro ed una prima visita al bambino che si è svolta alcune settimane prima del colloquio. Questo momento è stato poi giudicato come positivo dai genitori stessi che erano desiderosi di trovare rapidamente un punto di riferimento al quale chiedere informazioni e rivolgersi in caso di necessità. Sia i genitori che i medici hanno apprezzato tale incontro anche perché ha favorito lo stabilirsi di un rapporto di fiducia tra genitori e personale sanitario, svolgendosi in toni più familiari e meno formali che non la comunicazione ufficiale con la presenza anche del medico curante. Per venire incontro alla "sete" di informazione dei genitori, piuttosto che anticipare il colloquio, sembra più utile prevedere l'opportunità per i genitori che ne facciano richiesta di farlo precedere da una prima incontro che serva per la prima visita al bambino nonché a permettere una prima conoscenza con il personale e con il "progetto di cura".
Alcune coppie hanno suggerito la possibilità di uno o più incontri preliminari con la coppia ancora prima della nascita del bambino in caso di diagnosi prenatale; se da un lato ciò potrebbe servire per fornire le prime informazioni, dall'altro non consentirebbe però la formulazione di un programma di presa in carico globale vero e proprio, sia per l'assenza del medico curante (che vista l'attuale organizzazione del SSN viene scelto dopo la nascita del bambino) sia per l'impossibilità di organizzare un programma personalizzato per quel bambino, non ancora nato.
* Chi deve essere presente
Dopo i primi colloqui si è scelto di limitare la partecipazione solo alle figure veramente "operative" :
- entrambi i genitori
- il medico o il pediatra curante del bambino
- il medico responsabile del Centro ospedaliero di riferimento
- la Neuropsichiatra infantile.
Nella nostra esperienza non si è riusciti a coinvolgere altri specialisti che avevano o avrebbero avuto un ruolo di primo piano a causa delle particolari problematiche che il paziente stesso presentava (es il cardiologo in caso di bambini con gravi cardiopatie...). D'altra parte la presenza di molti operatori, oltre a rendere più difficoltoso il raggiungimento di un accordo sul giorno del colloquio, sembrava rendere meno concreto e più formale ed impersonale l'incontro, riducendo la possibilità per i genitori di intervenire e far domande.
Si è ritenuta fondamentale invece la presenza della specialista NPI che nella nostra esperienza ha partecipato a tutti gli incontri, fornendo informazioni e chiarimenti sui problemi legati allo sviluppo psico-motorio ed intellettivo ed alla riabilitazione, argomenti che per i genitori si sono rivelati di grande interesse ed anche preoccupazione. Come il pediatra segue le varie tappe dello sviluppo fisico del bambino ed i vari problemi medici correlati alla sindrome, la neuropsichiatra, avendo il compito di seguire nel tempo lo sviluppo motorio ed intellettivo del bambino e sostenere i genitori da un punto di vista psicologico quando ciò si renda necessario, viene a rappresentare un secondo punto di riferimento per il bambino e la sua famiglia; la sua partecipazione attiva alla comunicazione consente da un lato di presentare il suo ruolo alla famiglia e dall'altro di instaurare un clima di cooperazione, contribuendo a tramettere alla famiglia un'immagine di lavoro d'equipe.
* Che cosa dire
I punti che ci sembra indispensabile affrontare durante il colloquio sono:
- confermare la diagnosi clinica e fornire counseling genetico (quando possibile), fornendo notizie sulla malattia e sui principali problemi correlati (medici, psicologici, sociali...)
- illustrare dettagliatamente il progetto di cura proposto dal Centro, concordando con la famiglia ed il pediatra curante il programma di controlli clinici e diagnostici
- definire le modalità di interazione con il medico curante e i diversi ambiti di intervento
- presentare e chiarire il ruolo degli specialisti eventualmente presenti
- fornire ai genitori alcuni punti di riferimento (associazioni di genitori...) con i quali iniziare a mettersi in contatto
- prospettare le modalità di coordinamento con le strutture del territorio.
Riguardo a ciò, il fatto che i bambini afferenti all'Ambulatorio provenissero da diverse aree geografiche, ha reso e rende tuttora più complesso delineare a priori con chiarezza alle famiglie i possibili percorsi che devono essere adattati non solo al singolo paziente, ma anche alle diverse realtà locali presenti in quel momento sul territorio. Inoltre si è più volte riscontrato che le strutture del territorio sono in grado di fornire senza problemi alcuni servizi mentre altri (es, la logopedia) sono disponibili solo in alcune strutture e con liste d'attesa molto lunghe.
I punti toccati nella discussione rispecchiano piuttosto fedelmente quelli che secondo la letteratura dovrebbero essere affrontati e sono stati giudicati come utili ed esaustivi dalla maggior parte dei genitori.
Circa la quantità di informazioni che deve essere fornita alla famiglia durante il colloquio, abbiamo osservato due atteggiamenti contrapposti: da un lato vi sono genitori che desiderano ricevere e chiedono fin dall'inizio informazioni molto dettagliate sulla malattia e sul programa di cure previsto, valutando negativamente il fatto che i medici a volte non forniscano dati precisi e diano solo informazioni di massima ad esempio sul protocollo di follow-up o sulle possibili complicanze della sindrome. D'altro lato vi sono famiglie che ritengono fonte di ansia insostenibile il conoscere fin dall'inizio le caratteristiche della malattia, le sue possibile complicanze e le modalità di intervento previste e dichiarano di preferire un approccio molto graduale ai problemi, man mano che questi si presentino.
Abbiamo poi osservato una leggera diversità di comportamento tra madri e padri. Le madri sono apparse più disposte ad accettare il bambino e tutte le problematiche connesse alla patologia, pur mostrandosi molto addolorate e a volte preoccupate per una loro possibile "colpa" circa la nascita di un figlio affetto da malattia genetica; il più delle volte si sono mostrate molto interessate al counseling genetico e alle spiegazioni sull'eziologia della malattia. I padri spesso hanno mostrato maggiore rabbia ed ansia, mostrandosi molto più interessati all'evoluzione futura della malattia che non ai problemi più immediati. Tali diversi atteggiamenti dei genitori rispecchiano le osservazioni già riportate in letteratura (2).
Un grosso capitolo è costituito dalle tematiche inerenti la riabilitazione e lo sviluppo psico-motorio ed intellettivo dei bambini che sono infatti apparsi di grandissimo interesse per le famiglie sia durante i colloqui sia in base ai risultati dei questionari. All'importanza dell'argomento fanno riscontro delle difficoltà oggettive alle quali può forse essere attribuita l'insoddisfazione dichiarata da alcuni genitori circa le informazioni ricevute:
- l'impossibilità di fornire a priori dati prognostici sul singolo bambino, visto che ogni caso ha un'evoluzione peculiare e non completamente prevedibile in base ai parametri osservabili alla nascita;
- la scarsità dei dati riportati in letteratura sugli aspetti riabilitativi che non consente delle valutazioni conclusive sui vari metodi, lasciando ampio spazio alle scelte personali del medico che deve impostare il programma di fisioterapia;
- la difficoltà di mettere in atto nella pratica i principi teorici, sfruttando i servizi offerti dalle strutture ospedaliere o territoriali.
Negli ultimi colloqui si è dedicato più spazio alle problematiche inerenti gli aspetti sociali (ad esempio problemi dell'inserimento scolastico) sia su richiesta dei genitori sia perché siamo stati sensibilizzati sull'argomento dall'esperienza maturata coi bambini più grandi seguiti nel nostro Centro che hanno iniziato a frequentare la scuola materna o elementare. Purtroppo però il ruolo che noi possiamo svolgere per aiutare le famiglie in questi ambiti appare molto limitato.
Un altro grosso tema emerso è quello della comunicazione della diagnosi ai fratelli e agli altri membri della famiglia (in genere i nonni); vista la preoccupazione o l'interesse mostrato dai genitori ci sembra opportuno inserire tale aspetto nelle prossime comunicazioni.
Da parte dei medici curanti è emersa spesso la richiesta di informazioni sulle vaccinazioni da praticarsi nei bambini affetti da Sindrome di Down e sulle caratteristiche del loro sistema immunitario. Anche questo ci sembra un tema che dovrà essere inserito nelle prossime comunicazioni.
* Come
Le modalità scelte per la comunicazione (da parte di un "medico esperto" che rappresenti in seguito un riferimento per la famiglia per quel tipo di problema; in ambiente tranquillo, a porte chiuse, con un tempo non limitato; utilizzando un linguaggio semplice, chiaro e fornendo tutte le spiegazioni possibili, sulla base degli elementi clinici o strumentali disponibili per quanto riguarda decorso clinico, prognosi, rischio riproduttivo, possibilità preventiva) ci sono sembrate adeguate e sono state giudicate positivamente sia dai genitori che dai medici curanti.
Circa la possibilità di registrare su nastro la comunicazione, i genitori si sono espressi quasi all'unanimità in modo molto favorevole. Il giudizio dei medici curanti è stato meno unitario, dal momento che alcuni si sono dichiarati del tutto contrari, altri molto favorevoli. Dal nostro punto di vista la registrazione su nastro, per quanto l'esperienza effettuata sia limitata a pochi casi, ci è sembrata un accorgimento che non ostacola minimamente il procedere della discussione e molto utile consentendo alle famiglie di riflettere e di rielaborare dei messaggi che possono anche non essere stati colti durante il colloquio e permettendo ai medici di fare autocritica circa le modalità di comunicazione.
IL COINVOLGIMENTO DEL MEDICO/PEDIATRA CURANTE
La presenza del medico curante alla comunicazione del progetto di cura è sembrata sia a noi che alle famiglie un modo efficace per coinvolgere fin dal principio il medico stesso nella cura del bambino. Non abbiamo avuto problemi nel metterci in contatto con i medici curanti che hanno accettato sempre volentieri l'invito a partecipare alla comunicazione di progetto di cura.
L'incontro offre inoltre la possibilità di stabilire una chiara definizione di ruoli, in modo tale che risulti poi chiaro cosa dovrà essere fatto dal centro specialistico e quali saranno invece i compiti del medico curante. La soluzione ideale sarebbe quella di affidare al medico una parte di interventi nel corso del follow-up che normalmente esegue il Centro: ad esempio per la sindrome di Down, il medico potrebbe programmare ed eseguire controlli clinici e di laboratorio previsti nel protocollo di assistenza al bambino Down, discutendone periodicamente i risultati con i responsabili del Centro
Se i genitori si sono mostrati globalmente soddisfatti o molto soddisfatti delle informazioni ricevute durante il colloquio, meno univoco è apparso il giudizio espresso dai medici curanti. Da essi l'incontro è stato visto più come occasione per affermare o ribadire la propria disponibilità a stare vicino alla famiglia che come momento di formazione o aggiornamento scientifico. D'altra parte i colloqui sono stati impostati in modo tale da offrire informazioni su quel bambino, più che sulla patologia in generale; inoltre la presenza dei genitori rende inopportuno l'uso di un linguaggio troppo tecnico. Quasi tutti i medici comunque hanno dichiarato di avere avuto sufficienti informazioni sul programma di cure previsto per il loro paziente ed oltre la metà di essi ha giudicato l'incontro molto utile per l'assistenza futura al bambino.
Una delle richieste avanzate dai medici è stata di creare momenti di aggiornamento sui singoli casi; ci sembra che delle possibili soluzioni a tale interrogativo potrebbero essere rappresentate dal:
- fornire tempestivamente al medico (per telefono o per iscritto) le informazioni importanti riguardanti la gestione del caso od eventuali cambiamenti da proporre (viene già fatto !)
- discutere con il medico eventuali importanti scelte diagnostiche e terapeutiche che si rendano necessarie;
-proporre incontri periodici per discutere sull'andamento del caso e per avere informazioni su aspetti del bambino e della famiglia che difficilmente possono essere conosciuti dal Centro
- prevedere incontri periodici di aggiornamento culturale con i medici .
Questa richiesta da parte dei pediatri curanti ci ha un poco sorpreso in quanto in questi anni abbiamo avuto l' impressione di un certo disinteresse da parte dei medici, non tanto per il momento di comunicazione per il quale l'adesione è stata molto buona, ma piuttosto riguardo l'andamento dei pazienti e le modalità di gestione che vengono viste come di stretta pertinenza del centro specialistico al quale il paziente viene poi con sempre maggiore frequenza riferito.
La presenza del medico è stata molto apprezzata dai genitori che hanno giudicato l'incontro come utile al curante per la gestione del bambino.
La comunicazione del progetto di presa in carico globale secondo il modello da noi presentato ha permesso di:
- coinvolgere attivamente e precocemente il pediatra curante nel programma di cura al bambino;
- fornire informazioni sulle svariate problematiche legate alla Sindrome di Down e sul progetto di presa in carico globale messo a punto nel nostro Centro;
- creare un clima di fiducia e collaborazione tra famiglia, medico curante e centro specialistico.
Le difficoltà incontrate hanno riguardato:
- su alcune problematiche non sempre è possibile dare informazioni esaustive, dal momento che ogni paziente è un caso a sè e non è possibile conoscere a priori tutte le evoluzioni future del paziente; questo può far sì che alcuni argomenti possono essere solo accennati nel colloquio iniziale e che siano necessari altri incontri in momenti successivi della vita del bambino;
- la quantità di informazioni richiesta dai genitori varia da caso a caso e solo l'esperienza consente di capire con che tipo di genitore si ha a che fare;
- la struttura ospedaliera è nella nostra realtà lontana dalle problematiche sociali e poco idonea a fornire informazioni ed aiuti concreti su questi aspetti, più familiari ad esempio alle associazioni di genitori
- non sempre è facile definire con i pediatri curanti i diversi ambiti di intervento.
Anche in base alle risposte dei questionari di valutazione, ci sembra quindi opportuno fare alcune proposte:
- far precedere la comunicazione da una prima visita al bambino;
- far partecipare all'incontro anche uno o più specialisti che rivestiranno un ruolo importante per la salute del bambino, qualora vi siano particolari patologie d'organo;
- prevedere incontri successivi con le famiglie ed i medici curanti per l'aggiornamento sui principali aspetti della malattia e sull'andamento del singolo paziente;
- migliorare le conoscenze dei medici di base sulle principali problematiche della Sindrome di Down in modo che il pediatra curante possa giocare un ruolo sempre più attivo nella gestione del paziente, limitando l'intervento del Centro specialistico a problemi complessi o molto rari ed alla consulenza
- migliorare le connessioni con le strutture presenti sul territorio dove vive il bambino in modo da venire incontro ai bisogni dei pazienti e delle loro famiglie.
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