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Nostro figlio, che ha ora 27 anni e che non ha fratelli o sorelle, nacque dopo essere stato intenzionalmente concepito durante il 38esimo anno di mia moglie ed il 36esimo anno mio, nel 1976, e fu subito evidente che è un Down come fu in seguito confermato dalla mappa cromosomica. Né nella famiglia di mia moglie, né nella famiglia mia ci erano stati casi di handicap, e tanto meno di trisomia dei quali noi fossimo al corrente; al contrario i nostri familiari erano persone sane ed anche longeve. Né noi sapevamo della maggiore incidenza della sindrome all'aumentare dell'età materna. La buona accettazione e l'assenza di rifiuto anche molto breve di nostro figlio alla sua nascita penso sia stata favorita, ovvero determinata Alla nascita di mio figlio l'aiuto affettivo dei famigliari e psicologico degli operatori fu per me sostanzialmente nullo, né personalmente, posso affermare senza presunzione, ne sentii bisogno particolare, ma probabilmente l'aiuto dei familiari fu apprezzabile per mia moglie. In ospedale alla notizia della sindrome (che non mi destò alcuna acredine verso chi me la dava) capii subito cosa si intendeva, ma restai impassibile e calmo. Questa per me è molto più una caratteristica innata che un comportamento che io mi imponga. Comunque qui, se ce ne fosse bisogno, vorrei dire che forse sono alcune persone chiuse di carattere, che meno escono in lamenti ed esclamazioni, quelle che possono avere maggiore necessità di essere non tanto amorevolmente( e forse un poco ipocritamente) confortate, quanto decisamente e quasi violentemente distratte da una pena acuta, che può durare per ore e per giorni. Alla nascita di mio figlio capii subito che la mia vita cambiava profondamente. Mi ero sposato tardi, e da scapolo avevo approfittato fino in fondo della mia condizione di libertà. Per esempio mi era piaciuto fare lunghi viaggi in moto senza mai sapere la mattina dove avrei dormito la sera, e finendo sin dentro l'Asia. Ora tutto si prospettava diverso. Anche perché l'evoluzione delle capacità e della performance fisica e mentale di mio figlio procedeva tanto tanto lentamente e limitatamente in confronto con i normali. I progressi e le difficoltà si susseguirono per lunghi anni,
ed ancora, direi, continuano, sebbene ci sia stato un notevole assestamento.
Per parte mia una difficoltà aggiuntiva a convivere con l'handicap
di mio figlio, almeno negli anni dell'infanzia, specie quando dimostrava
problemi motori, (camminò a due anni e mezzo) può essere
stato il fatto che, come mio padre, ero stato educato allo sport, e ne
avevo praticato diversi con grande trasporto ed amore, tanto che inconsciamente
consideravo lo sport stesso irrinunciabile. Come conciliare le mie aspettative
con la mancanza di tono muscolare, anzi, la flaccidezza di mio figlio
bambino? Psicologicamente penoso, e fisicamente faticoso fu per noi genitori attendere fino a otto anni e mezzo che nostro figlio superasse l'incontinenza, tanto che io, senza confessarlo a mia moglie, cominciavo a pensare che il problema non si sarebbe mai risolto. Gli interventi di logopedia, che pure durarono a lungo e con diverse logopediste, non credo che per mio figlio siano stati molto determinanti per la sua performance vocale definitiva, che ora rispetto ad altri Down è abbastanza bene comprensibile. In sintesi il modo di mettersi in relazione verbale di mio figlio con il prossimo, partendo da un farfugliare molto poco comprensibile, ma partecipativo, via via si è molto evoluto, da prima nella pronuncia, ma poi, ed anche recentemente, nel contenuto, ed ancora va evolvendosi aderendo maggiormente alle situazioni, arricchendosi nel lessico, mostrando maggiore comprensione, maturità e graditissimo humor. Il carattere di mio figlio è forte, qualche volta fastidiosamente testardo, ma per grande fortuna egli è in genere di buon umore e disposto allo scherzo, e giammai triste o depresso (infatti non conosciamo le sue lacrime). Nostro figlio fino a 15 anni frequentò la scuola pubblica insieme ai bambini normali, usufruendo dell'insegnante di sostegno. Abbiamo sempre ritenuto che una soluzione di questo genere non sia ottimale, ma solo un compromesso, di qualità sempre meno buona man mano che il bambino cresce e che aumenta il gap tra le sue potenzialità e quelle dei normali. D'altra parte consideriamo anche negativamente la tendenza imitativa degli handicappati verso comportamenti poco raccomandabili di altri handicappati, come avviene specialmente nelle scuole speciali. Forse per questo come per tanti altri problemi bisognerebbe riferirsi alle migliori esperienze estere ed italiane, e puntare a motivare e formare meglio le insegnanti di sostegno, decidendo che una parte delle ore di lezione venga trascorsa in locali separati da quelli dei normali, con differenti ausili didattici, e con la possibilità di interventi differenziati anche a seconda della gravità e del tipo di handicap. Ci ha infatti sempre molto colpito la forte differenza delle potenzialità intellettive e fisiche in seno alla popolazione dei Down, e pensiamo che l'insegnamento ne debba tener conto, anche se in Italia siamo lontani da certi sistemi anglosassoni che persino per i bambini normali coetanei prevedono la formazione di distinti “streams”di insegnamento a seconda delle capacità. L'impegno per la scrittura, la lettura e i numeri, che venne intrapreso
già dagli anni in cui imparano i normali, fu molto lungo, intenso
e faticoso, e vi si dedicarono numerose persone. Il bambino riempì con
i suoi tentativi una quantità di quaderni che ripensandoci mi
sembra quasi assurda, ma i risultati sono stati modesti, anche perché verso
i dodici anni nostro figlio ebbe una regressione mai recuperata, le cui
cause, non rivelateci da alcuno, ancora ci sfuggono, e non diventò mai
realmente alfabeta. L'insistenza dei tentativi, crediamo, fu tale
che il bambino provò persino un rifiuto all'apprendimento. Specialmente nei primi, lontani anni, la nostra Associazione di famiglie di Down (l'ABD), ai primi passi della quale demmo il nostro contributo, ci fu di grande aiuto e sostegno informativo, di consulenza medica e psicologico; pensiamo che anche nel futuro tale Associazione possa continuare concretamente ad aiutarci, e siamo anche impegnati a contribuire secondo le nostre possibilità alle sue necessità ed ai suoi sforzi. Anche ai Servizi pubblici sentiamo di dovere tanto, e non di rado, considerando che abbiamo contatti con loro da quasi un trentennio, ci diciamo che la loro efficienza e le loro prestazioni sono andate via via migliorando. I tanti viaggi compiuti da noi genitori con nostro figlio in Italia ed all'estero, in auto, in camper ed in tenda hanno costituito altrettante ottime e preziose occasioni di conoscenza, di sviluppo e di sport per il ragazzo, e ci rammarichiamo solo tanto che negli ultimi anni a motivo di impegni di lavoro e di assistenza a anziani nonni non abbiamo potuto continuare a viaggiare. A titolo di esempio ricordiamo come una volta, 17 anni fa, nostro figlio, dopo solo qualche giorno di permanenza in Turchia, cercava insistentemente di pronunciare parole turche con i camerieri che lo servivano. Anche i soggiorni estivi insieme ad altri Down, praticati da nostro figlio in diverse località italiane, vengono da noi considerati molto positivamente, come ambiti distensivi, di rottura della routine lunga, serrata, realmente pesante (anche se ben accettata) del Centro diurno, di nuove conoscenze persino culturali (che crediamo spesso sottovalutate dalle istituzioni), di pratica dello sport, di beneficio per il fisico e di positiva assuefazione alla vita in comune. Tra le attività ricreative di nostro figlio non vogliamo dimenticare lo scoutismo, che lui ha praticato per circa dieci anni, inserendosi abbastanza bene tra i compagni, che trattandolo con particolare attenzione ed esentandolo dalle marce e dalle fatiche più pesanti ne ricevevano essi stessi un notevole beneficio formativo. Questa esperienza tra l'altro ha abituato il ragazzo a frequentare senza difficoltà gli ambienti naturali e ad apprezzare la vita all'aperto. L'autonomia di nostro figlio è attualmente abbastanza buona
quanto al vestirsi ed al mangiare; ottima per la pulizia personale. Lamentiamo
solo, e tanto, una grande, ineliminabile lentezza, che si rivela condizionante
specie nei tanti momenti di fretta che caratterizzano la vita familiare.
Grande titubanza abbiamo avuto nel permettere a nostro figlio di circolare
da solo per le strade del centro di Roma, dove abitiamo, per ben comprensibili
timori. Sul versante sentimentale ricordiamo, nel passato, delle simpatie di nostro figlio per una compagna di associazione, ma di recente pare sia sbocciato proprio un amore con un'altra Down, con intensità, frasi ed atteggiamenti più maturi ed intensi di prima, ed espressioni verbali che ci stupiscono per essere talmente simili, se non assolutamente uguali, a quelle di un normale. In sincerità però crediamo che non ci possano essere ulteriori e più implicativi sviluppi. Sino a questo momento noi genitori non abbiamo particolarmente puntato ad un'occupazione lavorativa di nostro figlio, ma specialmente in relazione ai suoi ultimi positivi progressi, che con nostro grande piacere continuano tutt'ora, pensiamo che ormai nostro figlio potrebbe provare a inserirsi in qualche corso di avviamento, anche se in casa è piuttosto incostante nelle piccole faccende, come apparecchiare e sparecchiare la tavola. Lo stato sanitario di nostro figlio è, per ora, un suo punto di forza. Egli non ha mai presentato patologie di particolare rilievo, e aiutato quando necessario dagli antibiotici ha superato con facilità le influenze che capitavano. Tra le malattie esantematiche ha contratto, sebbene vaccinato, il solo morbillo. Ricorrentemente ha sofferto di fastidiose micosi curate con pomate. La madre lo sottopone a tutta una serie di accurati controlli clinici annuali, e l'uso degli occhiali evita a nostro figlio la fissazione dello strabismo (che si presentò sin dai primi anni di vita) e gli corregge una modesta ipermetropia. Avvicinandomi alla conclusione di questa narrazione devo ovviamente
accennare al futuro, ossia a come noi genitori ci prospettiamo la restante
vita del nostro figlio unico handicappato e la restante vita nostra,
anche se è altrettanto evidente che non possiamo prevedere tanti
avvenimenti che possono accadere nel tempo a venire. Ci viene detto che
la vita di un Down si aggira intorno ai 65 anni ( magari potessimo avere
dati maggiormente documentati). La probabilità che noi genitori
premoriamo a nostro figlio o che , invecchiati, non possiamo più accudirlo,
ed anzi necessitiamo noi stessi di aiuto è molto grande. oooooo
Infine, quantunque non si tratti in senso stretto di narrazione di vita,
vorrei accennare al significato complessivo che da tanto tempo attribuisco
alla mia avventura umana. Scritto da un papà con la collaborazione e verifica di una mamma
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