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Tue, 22 Jan 2002 17:36:52 C'è una frase che ho letto su La Repubblica, 19/1/2002, pag. 28, in occasione della presentazione del film "Ti voglio bene Eugenio". E' di Pierpaolo Mastroiacovo. "Il Down va educato da Down e non bisogna aspettarsi uno sviluppo che non sia quello tipico, così come nascere maschi o femmine non è una malattia, purché se ne prenda atto e si accetti di educare un maschio come un maschio e una femmina come una femmina, non viceversa.". Io cerco di educare mia figlia come una persona. Nutro aspettative eccessive? Cristina Cantoni
data:
Thu, 24 Jan 2002 12:15:47 Cara
signora Cantoni, L'affermazione più infelice apparsa nell'articolo di Repubblica è "non bisogna aspettarsi uno sviluppo che non sia quello tipico". Impossibile affermazione da parte mia. La conoscenza approfondita delle persone con la sindrome di Down o con altre disabilità cognitive ci ha insegnato che non c'è assolutamente nulla di tipico ed abbiamo sempre lottato perché questa idea si affermasse. Ognuno è tipicamente se stesso. E' una persona a sé. Avere la sindrome di Down, o altra difficoltà fisica o mentale, non stravolge la personalità di Franco, di Maria e di Giovanna. La loro esistenza non può e non deve essere letta nella chiave della condizione cromosomica, maschio... femmina... con trisomia 21 o con monosomia della X. Tutte queste sono condizioni che spiegano solo alcune delle nostre caratteristiche, e che ci aiutano a comprendere la specificità di ognuno di noi, non ad appiattirla. Quindi siamo perfettamente d'accordo educare sua figlia come una persona è la cosa più giusta da fare e ciò non significa nutrire delle aspettative irrealistiche. Significa essere attenti ai suoi bisogni, rispettare la sua personalità, offrire opportunità, sfide e stimoli continui. E significa anche tenere nel giusto conto la sua personalità e non lo stereotipo della condizione determinata dal cromosoma in più. I progressi impensabili, le potenzialità non esplorate, le sorprese... eccetera, sono ovvie, sono la realtà di tutti i giorni, e sono inattese solo agli occhi di chi lavora per stereotipi. Chi affronta l'educazione del proprio figlio rispettando la sua natura, rispetta la sua libertà, rispetta i suoi sentimenti e la sua intelligenza, conosce il metodo, offre e propone, ma non può porsi e prevedere i risultati precisi. E questo, forse, si capisce meglio se ricordiamo che gli obiettivi di ognuno di noi, non sono le semplici acquisizioni di conoscenze, di competenze, di abilità. Io sarò felice, sarò una persona, sarò io, quando sarò apprezzato, rispettato, considerato sia che suoni il violino o che ripari le automobili, sia che sappia correre il 100 metri in 10 secondi sia che riesca a fare il mio dovere di medico. La ringrazio, signora dell'attenzione, e mi scriva pure, sarò felice di risponderle ancora. Pierpaolo Mastroiacovo Direttore
Cattedra di Pediatria
data:
Thu, 24 Jan 2002 21:18:45 Ho
letto con estremo piacere la sua precisazione. Ovviamente non ho nulla da obiettare
sul contenuto... questa volta!
Ma dall'altro estremo devo ascoltare quotidianamente anche molta gente che,
non appena mi azzardo a dare della testarda alla mia pargoletta, mi apostrofa
"sono testardi - vero? - sono tutti testardissimi", quando mi godo
il meritato bacetto all'uscita dell'asilo non manca mai di ricordarmi che "sono
così affettuosi", e le ha già pronosticato una propensione
a "lavori ripetitivi"... si immagini cosa è successo quando
ho letto che anche una personalità del suo calibro si aspettava nientepopodimeno
che uno "sviluppo tipico": sono semplicemente andata su tutte le furie!
Dimenticavo. La poverina non può nemmeno azzardarsi ad accennare un passetto
di danza che viene subito messa al centro dell'attenzione con un "ma guarda
come le piace la musica!", e io non posso nemmeno smentire, perché
la ama davvero! In breve, siamo d'accordo su tutto. La sintesi ha fuorviato me, ma purtroppo anche molte altre persone che non hanno la fortuna/sfortuna di avere in famiglia persone con sdd, che non leggeranno questi approfondimenti. L'esperienza con mia figlia mi ha insegnato tante cose, prima fra tutte quella di non aspettarsi né tanto né poco, ma soprattutto di non pretendere niente. Ogni giorno la bambina mi riserva una sorpresa. Oggi, per esempio, sono stata ripresa sul mio italiano. La piccolina era indaffarata a inserire un orsetto dentro a una macchinina io, come ho letto sui manuali ma pensando alla lista della spesa, le fornivo una stimolazione al linguaggio ricettivo. L'ho incoraggiata "metti l'orsetto sopra alla macchinina, brava!". Lei ha alzato gli occhi, lo ha estratto, e lo ha appoggiato, come le avevo erroneamente chiesto, "sopra" al cofano, e non "dentro" l'abitacolo... Lucrezia ha solo 20 mesi, ma una pignoleria linguistica da accademico della Crusca! Cristina Cantoni
data:
Fri, 25 Jan 2002 13:24:49 Cara
Sig.ra Cantoni, La sua risposta è altresì lodevole perchè mette in evidenza l'esigenza di vigilare e di stigmatizzare l'esistenza dei luoghi comuni che ancora pervadono il rapporto con le persone con sindrome di Down. E' un percorso lungo. Infatti è inevitabile, nel colloquio giornaliero, commettere errori di generalizzazione (i milanesi..., gli impiegati dello stato..., gli ospedali pubblici... e così via) che sono accettabili solo perché tutti siamo consapevoli dell'errore stesso. Per quanto riguarda la sindrome di Down o altre condizioni simili, non sono troppo sicuro che chi generalizza sa di commettere "l'errore di generalizzazione". E'
quindi necessario ribadire, ripetere, esemplificare. E' uno degli obiettivi
del nostro sito. Per
questo motivo, signora, abbiamo bisogno di contributi, di sensibilità,
di chiarezze, di indignazioni come la sua. Molto cordialmente Pierpaolo Mastroiacovo
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